Premio Letterario Zeno - II Edizione

Una minima e nient'affatto improbabile apocalisse quotidiana, descritta con precisione, nei dettagli di una vita raccontata con perizia. Con echi del romanzo americano postmoderno e certo amore per le minuzie tipicamente europeo. Una storia appassionante. (ALDO NOVE)

Romanzo-poesia costruito intorno alla figura di Riccardo Laggio, nomade per costrizione. Il suo è un disagio vissuto nel silenzio e dovuto al distacco prematuro dal padre e dalla sua terra natia. A tratti sublime la narrazione del grido muto di Lajoie, un suono grave dritto allo stomaco del lettore che rimane incredulo, spiazzato, dinanzi alla dipartita di Maurice. Una morte assurda, avvenuta a breve distanza da quella di Hyacinthe ma, insieme ad essa, non del tutto casuale, come a segnare la definitiva rottura con quel passato che Riccardo ha vissuto suo malgrado da spettatore, eseguendo volontà non sue, un esempio è la madre che gli proibisce persino di pensare nella sua lingua. Il merito di questo romanzo è il riuscire a mescolare il concreto all’onirico, per il registro duale in cui la prosa lascia il posto alla poesia, quando gli avvenimenti smettono di essere chiari per divenire musicali, quando la stessa disartria di Verena risulta irrilevante ai fini della comprensione, del senso percepito da Riccardo e dal lettore stesso. (ALDO NOVE)

Gli stivali, reso con molta intelligenza narrativa, ci racconta in seconda persona la storia di una ragazza bulgara che – come tante donne dell’est – emigra, spinta dalla miseria e dalla speranza di un vago paese di Bengodi. C’è tutto nel racconto: la povertà, l’illusione, la delusione, il ritorno, sempre con gli stivali nella valigia. C’è l’amicizia, il desiderio di fuga della protagonista e quello di restare per cambiare le cose dell’amica Lily, cui a un certo punto vengono regalati gli stivali. E c’è, infine, il fallimento delle speranze di entrambe. La disillusione e il suicidio chiudono il racconto sullo sfondo di quegli stessi stivali, mai indossati. Notevole la proprietà linguistica. (ALDO NOVE)

Una storia costruita bene, con un uso accorto dei tempi e dei modi. Una narrazione fluida e precisa. Cronaca fattuale e ricca di risvolti psicologici, in un climax in grado di soddisfare le multiple esigenze del lettore, a cui sa porre interrogativi e riflessioni. (ALDO NOVE)

Nell'eco nobile di Tommaso Landolfi e nella tradizione italiana della prosa poetica, anche metafisica, di un Manganelli "storico", questo racconto si distacca dall'oggi per diventare metafora di una condizione universale imminenza, o come sempre nella buona letteratura, di problematica immanenza. (ALDO NOVE)

Poesia intensissima, e tecnicamente tornita da tutti i punti di vista. (GIUSEPPE FEOLA)

Pezzo terribile e disperato, coraggioso, di liberazione. Sentimento profondissimo che il verso però sempre controlla. Si ha quasi imbarazzo, a leggere, come si entrasse in camera d'altri, si violasse un'intimità tropo privata. Più che il dettaglio, spesso pregevole, colpisce la forza dell'insieme. Finale senza respiro né redenzione. (MARCO MAFFEI)

Divertente parodia del trattato di Gorgia sul nulla. Si ha l’impressione che il poeta abbia voluto un po’ prendersi gioco della propria stessa bravura tecnica, scegliendo un argomento minimalista. Notevole padronanza linguistica per un pezzo che trova nello stile, nella misura e nella musica che costruisce la sua qualità più alta. Mancano emozioni e sentimenti ma l'acutezza e insieme leggerezza del percorso logico tengono avvinto il lettore fino all'ultimo, fulminante verso.

Testo colmo di suggestioni e richiami. Tono tra il farsesco e il drammatico, volutamente delirante. Talvolta compiaciuto della sua natura criptica, rigoroso e coerente sul piano del linguaggio. Altissimi gli ultimi due versi, che valgono la poesia.

Grande prova tecnica, con qualche sbavatura, alcuni picchi di qualità e una meraviglia. In questa piacevole tempesta di versi, ritmo e musica, il senso e la trama si perdono, arrivano poco, confondono ma non convincono. Esercizio di maestria.

Notevole l'incipit. Pezzo interessante, che dipana la propria complessità ad ogni successiva lettura. Il sentimento sotto traccia è evocato ma non si esprime del tutto (la parola cuore all'ottavo verso di ciascuna strofa suona come ripetizione).  L’eccesso di aderenza a tematiche fin troppo abusate nel secolo scorso dà luogo a idee per le quali la bravura del poeta con gli strumenti del suo lavoro sembra un po’ sprecata. (SILVANA PEROTTI)

Testo rigoroso, nel quale ogni parola è pietra pesante, posata con cura. Si lavora per accumulazione di immagini e riflessioni, restituendo al lettore l'ambiente e il sentimento immaginato nel titolo. Non ci sono picchi né cadute ma un verso costante e sobrio.