Intervista a Luigi Esposito Giardino
Il negromante è il tuo esordio letterario, un libro ironico che evoca atmosfere simili al cinema dei Coen. A un anno dalla pubblicazione con Homo Scrivens, qual è il bilancio che ne trai?
Credo che la pubblicazione del proprio romanzo rappresenti per ogni scrittore esordiente un’immensa soddisfazione, oltre che il raggiungimento di un traguardo a lungo sognato. Non è un percorso semplice: dopo aver completato la fase di scrittura vera e propria, ci si ritrova a districarsi nel mondo delle case editrici, in cerca di proposte di pubblicazione che siano oneste prima ancora che vantaggiose. Nel mio caso, fortunatamente, ho potuto affidarmi a Homo Scrivens, casa editrice per la quale avevo già partecipato ad alcuni progetti di scrittura collettiva.
Subito dopo la pubblicazione, all’improvviso si è chiamati a diventare promotori di sé stessi, dovendo pubblicizzare la propria opera e parlare alle presentazioni. Per chi non ha un carattere particolarmente estroverso e una certa “immagine pubblica” già consolidata, non è per niente facile.
A ricompensare questi sforzi sono però le reazioni dei lettori. Innanzitutto da parte delle persone care, primi sostenitori di uno scrittore smarrito, e poi da persone che neppure conoscevo, ma che attraverso il mio libro hanno raccolto un frammento del mio animo e lo hanno reso proprio.
Come sei arrivato al nostro concorso letterario e cosa ti ha spinto a partecipare?
Quasi per caso, cercando su internet informazioni su concorsi letterari, sono approdato sul sito del Progetto Zeno. La grande chiarezza del bando e la ricca composizione della giuria mi hanno subito convinto a partecipare. Forse sono stato attratto anche dal nome del concorso, che mi ha subito ricordato il romanzo La coscienza di Zeno, uno dei classici a cui sono maggiormente legato.
La sera della premiazione quali erano le tue aspettative, se ne avevi, e come hai accolto emotivamente la vittoria alla sezione romanzi editi?
Prima della serata conclusiva, avevo seguito con grande emozione le varie fasi del concorso. Trovare Il negromante nella lista dei romanzi finalisti mi aveva sorpreso e al contempo gratificato. Durante la premiazione a Salerno, ho atteso il risultato con una certa trepidazione. In fondo sono un esordiente, e per me si trattava di un’esperienza del tutto nuova. Poi, come ho detto appena ho ricevuto l’attestato dal giurato d’onore Emidio Clementi, in quel momento mi sono sentito un po’ fuori dal corpo, come gli spiriti di cui si parla nel mio romanzo.
Più di ogni altra cosa, mi ha reso felice il fatto che Il negromante sia stato letto e apprezzato da esperti e studiosi. Ascoltare le motivazioni della giuria, oltre a emozionarmi, mi ha anche permesso di guardare al mio libro con occhi diversi, riscoprendo la mia stessa opera con una sensibilità nuova, una sensibilità da critico e non più da autore.
Quest'anno farai parte della giuria, insieme ai vincitori delle precedenti edizioni. Vuoi dire qualcosa agli autori che partecipano all'edizione 2020? che come sai avrà giurato d'onore il vincitore del Premio Campiello, Andrea Tarabbia.
Sarà un grande piacere e un grande onore tornare a prendere parte al concorso, questa volta in veste di giurato. Dover esaminare delle opere di narrativa è senz’altro un compito impegnativo perché, oltre alla valutazione degli aspetti più tecnici legati allo stile e all’efficacia espressiva, c’è anche una componente soggettiva e interiore: ci si confronta con testi che sono il frutto di sentimenti, di riflessioni, di vite altrui. Si dialoga con altre anime.
Ai partecipanti auguro di trarre il meglio da un’esperienza che è in realtà un’occasione per far sì che i giurati ‒ che in fondo sono pur sempre lettori ‒ colgano il loro messaggio e ne riconoscano il giusto valore.
Ti faccio un in bocca al lupo per il tuo lavoro a nome di tutta la redazione. A presto.
(intervista di Emanuele Bukne, Presidente dell'Associazione Zeno)