Leggiamo la poesia vincitrice al Premio Zeno 2021
1. EROS CONIUGALE
Voce femminile: Magdala Zenit
Sono vittima della tirannia di un uomo che
propina anelli come prove certe di possesso
Come diritto alla caduta elicoidale della terra
intorno al mio plesso aureo e planetario
Come fonte di diritto e di alimento di ogni
satellite da me generato dal giorno del sì all’altare
Come dovere coniugale imposto da interessi
riguardanti abitazioni e serre e congiunzioni
Congiunzioni astrali ben sperate per anni come
amici, testimoni di nozze, parenti, vicini
Capo uffici, maestri, avvocati, pensanti bene per
il giaciglio coniugale come promessa di vittorie
Giuda maledetti quando spifferano arie
flebili di lingue di serpente che sanno
Che hanno visto che diranno che malediranno
mani avvinghiate di mariti con fedine
Con fedi nuziali zozze intinte in altri mari dove
fungono da timoni esperti di mareggiate
Di avviluppi d’alghe e vietano vietano alla
donna divorzi necessari ad espletare respiri
E quanto è stata la solitudine di un miraggio
di altre natiche esposte e mai sfiorate
Di territori negati e insperati di incandescenze
scoperte per caso oltre tutti e ovunque
Contro il pubblico diniego, contro il divieto
testamentario, contro il consono e predetto
Contro il vietato e prescritto, contro il conforme,
contro l’utile pubblico, contro la decenza
Unica fonte e risorsa di speranza, di sublimazione,
di proiezione, di risalita, di uscita
Di complotti di ogni essere a diniegare
la fragilità vincente e umana da perdonare
O non perdonare, far cadere miseramente
a terra in contradditorio o in contraddizione
Su promesse antiche, inavvedute.
Voce maschile: Omar Kret
Ho l’eco ancora di alghe avviluppate a caviglie
e palmi dell’unica donna avuta io nel grembo
Lei nel suo io nel mio utero improvvisato di marito
che trascorsi preliminari antichi con altre
Ma lei fu la diga dove il riverbero del sole fu apoteosi
e l’acqua declinò in salti inauditi e matrimoni
Il matrimonio erotico unico senziente afflato
consenziente oltre convenzioni e risacche di società
Oltre delimiti, imposizioni, false promesse, oltre
perdoni forzati per bigotte scelte sociali e costrizioni
Fu l’unica che portai all’altare sapendo di tutte le
sue coppe e del pane del suo seno e dei suoi sacrifici
Fu la sola per cui non feci giuramento perché era
implicita compagna per cui un Dio era davvero offerente
Fu l’arca a cui agganciarmi con ogni membro del
cervello e del corpo e degli arti per procreare devastati
Fu lotta insieme, la battaglia, la conquista, il battere la
testa, l’incaponirsi, il gridare al cielo sete di giustizia
Era colei tra le mogli che ebbi in passato che fu la diga
il delimite del vero amore eterno inspiegabile
Passammo il tempo a combattere demoni insieme a
riderne insieme a pensarli goffi se eravamo noi risacca
Di amplessi, sessi, cervelli aperti ricettivi, adattabili ai
tempi e trasformisti supremi e creatori generatori
Fu il giorno del diluvio quello in cui sul ponte più forte
che avevamo creato, quello su cui potevamo sostare
Quello che ci eravamo immaginati, che avevamo
calpestato avanti indietro per avere l’unisono l’incontro
Fu il giorno dell’ira, del fulmine, del ruggito del sacro,
dei cocci di bottiglia sul cielo sulle nubi, sul sagrato
La malattia strappò avvenenza, era cagna ingravida,
toglieva lustro, dignità, rinsecchiva il corpo, la voluttà
Ma io mi accanii come belva ferita con chi mi proponeva
altri lidi, chi voleva maggiore vita più adatta facile
E nella deriva invece ho scoperto la fedeltà suprema di
mente ed estuario, di foce grata all’oceano attuale.
Barbara Grubissa (Trieste, 1976) è dottoressa magistrale in Lettere (Università di Trieste) e attualmente è iscritta a Conservazione e gestione dei beni e delle attività culturali alla Ca’ Foscari di Venezia. Si è occupata di fiabe e della divulgazione scientifica per ragazzi. Ha esordito nel 1997 con il racconto lungo Mosaico d’anime folli (Libroitaliano, Ragusa). Nel 2010 è uscito Son Stufadiza. Il trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.) per Kappa Vu.