Il racconto breve di Elisa Bellero
Elisa Bellero nasce a Soave in provincia di Verona, si laurea in lettere classiche, con un percorso di studi sul teatro greco. Si occupa di marketing e comunicazione e collabora con il dipartimento di linguistica dell’Università di Verona.
Secondo Giulia Caminito il suo racconto, vincitore della X edizione del Premio Zeno (sezione racconti brevi), si muove tra sogno e realtà e riesce a evocare un’atmosfera precisa, casalinga, femminile che ha a che fare un po’ con la magia e un po’ con i concreti dispiacere della vita.
In un’atmosfera che ricorda quelle del realismo magico, scrive Carlo Nello Ceccarelli, le vite di tre donne si “intrecciano” attraverso il rituale della pettinatura. I capelli sono metafora dell’essenza femminile e delle sue radici. Scrittura sorvegliata, che fluisce senza intoppi verso il finale.
Secondo Alessandra Serena Cappelletti, vincitrice dell'edizione 2021, come in un sogno dentro a un sogno dentro a un altro sogno, La parrucca di famiglia intreccia visioni oniriche, ricordi, atti mancati e profezie per costruire un racconto transgenerazionale attorno ai temi della malattia, dell’eredità e del confine che separa i vivi dai morti. Il contesto, classico, del tinello è turbato da un'atmosfera straniante, sostenuta da una lingua sobria, equilibrata, mai patetica per quanto compromessa con la profondità, e tanto precisa nella descrizione dei movimenti da somigliare a una partitura teatrale.
La morte, l’affetto, le tradizioni e il legame familiare: tutti questi elementi si intrecciano in un racconto surreale ma al contempo profondamente vicino alla realtà. Per Luigi Esposito Giardino, Elisa Bellero ci dona un’originale visione del dramma di una malattia ereditaria raccontata con una leggerezza che sa commuovere.
Destinata a morire di una malattia ereditaria che esordisce con la perdita dei capelli, la narratrice incontra la nonna e la zia morte, dopo avere scoperto che anche la madre seguirà lo stesso destino. Insieme doneranno i propri capelli per creare una parrucca per la madre. È il destino comune che crea questa solidarietà e che le riunisce davanti a una tazza di caffè, anche dopo la morte. Un racconto familiare e fatalista, leggendo la motivazione del giurato Vincenzo Rezzuti, che si svolge in un ambito unicamente femminile, dove gli uomini non vengono nemmeno nominati, quasi che la continuità familiare avvenga per partenogenesi. Con uno stile asciutto ed efficace, l’autrice riesce a rendere questo mondo credibile.